Il pianeta Ork scende ogni tanto sulla Terra. Accade quando è mosso da ragioni tali da giustificarne lo sforzo, essendo ancora alquanto lontani i tempi di una possibile e felice integrazione, un po’ per la direzione generale delle cose, un po’ per la nostra ortodossia rispetto a certe tematiche, non ultima delle quali quella che involge l’ambito culturale fino a chiedersene l’opportunità di certe scelte. Lontani i tempi del fascino stordente esercitato su di noi dal mondo editoriale, facciamo i conti con una realtà conosciuta, nel passare degli anni, nelle sue logiche interne, alcune delle quali sfuggono a un senso che non sia di marketing e di sapiente manipolazione culturale.

Che si impari a pensare e a mettere in discussione le verità propinate dai media e, dunque, dai massimi centri di potere non interessa a nessuno. Meglio lasciare lo stato delle cose immutato e, dentro di esso, un lettore incosciente e disposto all’acquisto indotto del libro concepito quale bene di consumo piuttosto che come strumento di libertà, mediante l’attribuzione di qualità autoriali a gente che ha il solo merito di avere saputo gestire la propria immagine, L’ultima edizione del libro è stata sostanzialmente lo specchio di questo stato non esattamente ottimale delle cose.

Ciò non solo dal lato dell’osservazione dell’offerta editoriale delle grandi case editrici, più che delle piccole e medie (alcune delle quali, peraltro interessantissime, del tutto assenti), ma anche dal lato organizzativo, per ciò che concerne la collocazione all’interno dei padiglioni riservata a realtà di nicchia che avrebbero meritato maggiore attenzione, oltre che sul piano della valutazione esterna degli eventi. Come si può pensare che un concentrato di incontri completamente scoordinati l’uno dall’altro possa interessare chi sa che la Letteratura è ben altra cosa rispetto alla consacrazione del divo del momento o anche dell’autore di fama internazionale? Come si può credere che un programma di un evento di portata tale come il Salone del Libro di Torino possa essere redatto senza una linea guida coerente e che, cosa ancora più grave, non abbia alle spalle un’idea sufficientemente forte da offrire l’opportunità di valutare, in seconda istanza, il rapporto di possibile coerenza ad essa, in un tempo in cui di idee forti ce ne sarebbero a migliaia?

Noi crediamo che la pandemia abbia irrimediabilmente cambiato lo sguardo sull’esistente e che non si possa più tornare indietro. La temperatura raggiunta, dentro e fuori il Lingotto, era sufficientemente bollente da rammentarci in maniera indelebile un’alterazione climatica tale da non potere essere più inascoltata. Esistono questioni vitali che stiamo deliberatamente ignorando e leggere la gran parte di quello che abbiamo intercettato, anche negli incontri sapientemente distanti dalla realtà, non ci sarà assolutamente di aiuto né dal lato pratico né da quello culturale e/o dell’immaginario che funge da sostegno laddove avanza prepotentemente e, in qualche modo, a quel punto, inutilmente il senso della fine.

L’impressione percepita è stata quella di essere sospesi in una bolla, come se, complice l’irrealtà generata dal clima di agosto nel mese di maggio, ci avessero fatto naufragare verso una dimensione ottusa di piacere e dimenticanza. Nei margini, qualche accenno di verità. Una lunga conversazione con qualche editore illuminato che ancora insegue un’idea di editoria fuori dalle logiche del sistema, un concetto di recupero e di pensiero attivo, di bellezza e coscienza che passa dai classici e da qualche voce fuori dal coro. Qualche testo che chiamava, il più delle volte di piccole case editrici.

Ma, poi, anche l’opportunità persa per qualcuno di affrontare tematiche delicatissime in nome della propria autocelebrazione e l’inganno, assai difficile da riconoscere anche da discreti lettori come noi, offerto da testi apparentemente in linea con questo tempo, su un piano prospettico includenti pandemia e suoi derivati, e che, a una più attenta lettura, manifestano furbizia e fraudolenza, insomma sanno raccontarcela e splendidamente ci spengono. Capirete bene che muoversi in tutto questo, provando a mantenere l’asticella del nostro pensiero accesa, è impresa titanica, ma non impossibile. Questa la ragione per cui proviamo a rimanere qui, ma anche la ragione dei nostri silenzi, una parte dei quali è da imputare a un discreto numero di libri letti e scartati. Chissà se qualcuno ha capito che chi legge, se lo fa con coscienza, arriva a un punto in cui non accetta più che gli si propini la qualunque, ma impara a distinguere, a scegliere, a pretendere? Perché un libro può e deve preparare al cambiamento. Cosa della quale pare non avvertiamo più la necessità o lasciamo che gli altri ce ne spengano lo stimolo o ci facciano pensare coerentemente alle logiche del potere.

Mindy

Un pensiero riguardo “Salone del Libro di Torino 2022: brevi riflessioni.

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